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Editoriale

ANNO DELLA FEDE: OBBIETTIVI

In questi giorni ho sentito diverse persone di Colognola, giovani e soprattutto adulti e anziani, pormi domande interlocutorie e anche provocatorie a proposito dell’ANNO DELLA FEDE. Ne hanno sentito parlare in Chiesa, ma anche nei gruppi ecclesiali, hanno letto qualcosa sui giornali, hanno visto trasmissioni televisive, ecc.: sono stati colpiti dalla insistenza con cui si parla di questo tema! Gli adulti praticanti si son detti meravigliati che sia stato scelto questo argomento per la riflessione di tutto un anno: “Ma come? Noi la fede ce l’abbiamo già! Conosciamo il Vangelo, frequentiamo la Chiesa, preghiamo ogni giorno…!”. La meraviglia invece di una coppia di fidanzati: “Ma certo che siamo credenti: abbiamo ricevuto i Sacramenti, quando eravamo piccoli e ora ci sposiamo in Chiesa…!”. Un diciottenne: “Ho frequentato sempre l’Oratorio, ma ora mi trovo solo; tutti i miei amici sono su altre strade e si dicono contenti. Che faccio?”. Un giovane universitario: “Sì, capisco l’ansia del Papa e di tutti voi Preti: vedete i giovani allontanarsi sempre più numerosi dalla Chiesa! Cristo ‘sì’, ma la Chiesa ‘no’: accetto il richiamo a credere in Cristo, ma mi fa difficoltà questa Chiesa che è ricca e imporre le sue idee a tutti!”.

Vorrei rispondere: non tanto per controbattere, ma solo per chiarire e quindi iniziare un dialogo.

Preferisco, per ora, che sia il Papa stesso a spiegarci perchè ha voluto questo “Anno della Fede”.

Egli spesse volte ha ripetuto che noi Cristiani – soprattutto Cristiani d’Europa – abbiamo una fede stanca. E lo ha confermato nell’Omelia dell’11 ottobre scorso, dando inizio appunto a questo Anno della Fede:
In questi decenni è venuta avanti una desertificazione spirituale. Un mondo senza Dio! È il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere, così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono viva la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio, che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio e così indicare la strada. Il viaggio infatti è metafora della vita, e il sapiente viaggiatore è colui che ha appreso l’arte di vivere e la può condividere con i fratelli. L’Anno della Fede può allora essere raffigurato come un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sè solo ciò che è essenziale: il Vangelo e la fede della Chiesa!

Allora: con il Vangelo nel cuore e nella vita testimoniamo in questo mondo desertificato la nostra fede nel Cristo morto e risorto!

Don Ubaldo