La fede, la responsabilità e il coraggio.
“Quando giunse la “sua ora”, Gesù disse a coloro che erano con Lui nell’orto del Getsemani, Pietro, Giacomo e Giovanni, i discepoli particolarmente amati: “Alzatevi, andiamo!”. Non era Lui solo a dover “andare” verso l’adempimento della volontà del Padre, ma anch’essi con Lui. Anche se queste parole significano un tempo di prova, un grande sforzo e una croce dolorosa, non dobbiamo farci prendere dalla paura. Sono parole che portano con sé anche quella gioia e quella pace che sono frutto della fede. In un’altra circostanza, agli stessi tre discepoli Gesù precisò l’invito così: “Alzatevi e non temete!”.
(Giovanni Paolo II)
L’espressione: “Alzatevi, andiamo!”, con la quale è rappresentato il cammino parrocchiale, è tratta da un passo della parola di Gesù ai discepoli nell’imminenza della passione. È chiaro il suggerimento di un’intenzionalità ben precisa: lasciare che la Parola di Gesù, Amore Misericordioso, ci risvegli, ci rialzi se necessario, e ci metta in cammino. È una parola di speranza e soprattutto una parola di rinascita alla vita, risurrezione, molto opportuna in questo tempo della storia. Non a caso il termine originale greco che noi traduciamo con “alzatevi!” è egheiresthe, un verbo che gli evangelisti usano anche per indicare la risurrezione di Gesù (cf Mc 16,6; Mt 27, 6-7). “Risorgete!” quindi.
“Alzatevi, andiamo!”. La locuzione “Alzatevi, andiamo!” la troviamo in due contesti che i Vangeli ci riportano:
• nel Vangelo di Gv, all’interno dei discorsi dell’ultima cena (Gv 14, 30-31);
• nel Vangelo di Mc 14,42 e Mt 26,46, all’interno dell’agonia di Gesù nel Getsemani.
“Queste cose vi ho detto quando ero ancora con voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; Egli non ha alcun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui”. Gv 14, 30-31
Nel testo di Giovanni l’“Alzatevi, andiamo!” è preceduto da un “bisogna che…” con cui Gesù lascia presentire che di fronte alla passione che lo attende è necessario che il mondo sappia che Lui ama il Padre e questo amore si traduce nel fare sempre quello che il Padre gli ha comandato. L’amore verso il Padre è la motivazione, la molla segreta che impronta tutta la vita di Cristo e ne conferma la determinazione, il rigore nell’adempiere la Sua la volontà. Amore e obbedienza al Padre sono inseparabili nella vita di Gesù, e devono esserlo anche nella vita dei discepoli: “Se uno mi ama osserverà la mia parola”.
“Frattanto giungono in un podere chiamato Getsèmani. Dice ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, intanto che io prego». Quindi, presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, incominciò ad essere preso da terrore e da angoscia. Perciò disse loro: «L’anima mia è triste fino alla morte. Rimanete qui e vegliate!». Quindi, portatosi un po’ più avanti, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. Diceva: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a Te. Allontana da me questo calice! Tuttavia, non ciò che io voglio, ma quello che Tu vuoi”. Tornato indietro, li trova addormentati. Perciò dice a Pietro: «Simone, dormi? Non hai avuto la forza di vegliare una sola ora? Vegliate e pregate, affinché non entriate in tentazione. Certo, lo spirito è pronto; la carne, però, è debole». Allontanatosi di nuovo, pregò ripetendo le stesse parole. Poi di nuovo tornò e li trovò addormentati. I loro occhi, infatti, erano appesantiti e non sapevano che cosa rispondergli. Torna ancora una terza volta e dice loro: «Continuate a dormire e vi riposate? Basta! È giunta l’ora: ecco che il Figlio dell’uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco: chi mi tradisce è vicino». Mc 14,32-42
Nel Getsemani “Alzatevi, andiamo!” è preceduto dalla drammatica, intensa preghiera nell’orto. Sono le parole decisive dopo il terribile conflitto nel quale Gesù sembrava naufragare. “E cominciò a sentire terrore e angoscia”. Per la prima volta, in tutto il Vangelo, insorgono nell’animo di Gesù questi sentimenti. E solo il vangelo di Mc li riporta con tanto realismo. Dapprima è la paura (“thambos”), cioè il timore, il tremore, la costernazione, che lo spaventa. Gesù, come Messia e Figlio di Dio, aveva predetto la propria passione e morte; ne era perfettamente consapevole, ma, in quanto uomo, ora ne sente, molto vicina, la mano gelida e reagisce con paura e trepidazione, come ogni mortale. Poi c’è l’angoscia e un senso di abbattimento e smarrimento tali da far perdere le forze. Pensando ad analoghe situazioni che possono esserci capitate, possiamo comprendere, seppure parzialmente, ciò che ha provato Gesù. Di fronte al tragico momento che Egli sta vivendo ci colpisce la reazione dei discepoli: addormentati, con gli occhi pesanti, muti e sgomenti. Questo sonno e questa pesantezza sono ciò che spinge Gesù a dire, perché risorgano,: “Alzatevi, andiamo!”. Gesù, più che mai uomo in questa drammatica lotta, trova nella preghiera la forza per trasformare il terrore e l’angoscia provati poco prima in risolutezza e coraggio . L’alzatevi e andiamo è frutto, conseguenza della preghiera. È venuta l’ora,… alzatevi, andiamo!”. Dunque, dopo la preghiera, Gesù ha accettato l’ora e il modo attraverso i quali sarebbe dovuta avvenire la nostra salvezza. Il verbo “alzatevi”, dicevo all’inizio, è quello tipico usato per la risurrezione. Come se Gesù dicesse a quei discepoli e a noi: “Risorgete! svegliatevi dal sonno”. Questa è la provocazione e l’invito che Lui ci rivolge: “andiamo!” e non “andate!”. Perché Lui cammina sempre con i suoi, precedendoci con l’esempio di un Amore che si dona fino in fondo. L’alzatevi-andiamo non è l’invito a una passeggiata, ma a seguirLo sul cammino della croce, che è donazione totale di sé, espressione massima del Suo amore misericordioso. Gli apostoli non sapranno rispondere in questo momento all’invito di Gesù. “Dove io vado, tu ora non puoi seguirmi!” dice Gesù a Pietro che presume di sé. Eppure, la parola rimane lì: “Alzatevi, andiamo!”. Gli apostoli si alzano, ma non sono ancora del tutto “risorti” per seguirlo sulla strada che Egli indica di seguire.
Le nostre vite hanno bisogno di “risorgere” (alzatevi!) e di “mettersi in movimento” dietro a Gesù (andiamo!). Ci si domanda quali situazioni della nostra vita vengano rappresentate in questa sonnolenza e mutismo dei tre apostoli nel Getsemani, dai quali Gesù li vuole risvegliare. Nella sonnolenza si possono ravvisare ben rappresentati certi stati d’animo che ci intorpidiscono e atrofizzano le nostre energie migliori. Nel mutismo dei tre apostoli riconosciamo la nostra incapacità di pregare, la chiusura in noi stessi, l’amarezza e lo scoraggiamento, l’incapacità di comunicare con gli altri in senso profondo, la mancanza di sensibilità. Come quella dimostrata dagli apostoli nel Getsemani. Come la mancanza di speranza dei discepoli di Emmaus in fuga dalla comunità. I rimedi non scarseggiano: la preghiera e la vigilanza, anzitutto, che Gesù stesso raccomanda agli apostoli nel Getsemani. Preghiera spontanea, intensa, profonda, insistente, che nasca dalla vita e arrivi alla vita, nutrita dal cibo solido della Parola di Dio e dei sacramenti. Tutto ciò concerne, coinvolgendolo, il livello personale di ciascuno di noi. Sicuramente la misericordia del Signore ha operato in noi tante meraviglie e, se consideriamo il cammino fatto fin qui, riconosciamo come il Signore ci ha guidati, guariti, trasformati, con una pazienza e tenerezza indicibili. Non solo, anche a livello comunitario e di gruppo possiamo avvertire situazioni che hanno bisogno di risorgere e di mettersi in movimento. È l’amore del Signore che ci ha riuniti insieme. Questo, però, non garantisce di per sé la perfetta comunione tra noi. Chiediamoci allora se i nostri gruppi appaiano a volte più spenti che spinti dall’amore di Cristo. Demotivati e trascinati più che trainanti. Delusi più che portatori di speranza. A noi, come ai discepoli di Emmaus, Gesù si affianca nel cammino, per ravvivare la speranza, per far ardere i nostri cuori con la sua Parola, per darci se stesso nel Pane di vita e aprire i nostri occhi. Il frutto di questo incontro con Lui è il ritorno alla comunità, da cui possiamo essere tentati di fuggire. Abbiamo bisogno di ritrovare la “passione” per Gesù-amore misericordioso, la partecipazione, l’interesse per la comunità di cui facciamo parte e lo slancio per la missione che il Risorto ci affida: portare nel cuore del mondo la Sua misericordia, soprattutto ai più bisognosi. Questa passione è frutto della fede e dell’amore, ed è quella che opera prodigi nella nostra vita: “In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che Io compio e ne farà di più grandi, perché Io vado al Padre” (Gv 14,12). Credere in Gesù, nel Suo amore, e poggiare su questa fede tutta la nostra vita è ciò che ci motiva e ci spinge.
Aspetti concreti del nostro alzarci e camminare con Gesù.
Laici formati. Il primo aspetto di importanza fondamentale è quello di qualificare la nostra formazione. La grandezza e bellezza della missione, richiede non solo persone ad essa dedite e convinte del dono ricevuto, ma anche preparate alle sfide del nostro tempo. Come dire: attrezzate a dar ragione della speranza che è in noi. La necessaria dimensione ecclesiale e anche la giusta preparazione culturale. Il tutto con quello stile tipicamente laicale che rende efficace in determinati contesti la trasmissione dei valori.
Laici sinceramente uniti per essere capaci di missione. “La comunione e la missione vanno profondamente unite, si compenetrano e si implicano mutuamente, fino al punto che la comunione costituisce la fonte e il frutto della missione” (Christifideles Laici, 32). La sfida dell’unità è quella fondamentale che Gesù ha proposto ai suoi discepoli: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni verso gli altri”. Gesù ci ha esortati insistentemente a “rimanere nel Suo amore”, ad amarci come Lui ci ha amati, perdonandoci come Lui ha perdonato noi, dando la vita anche per chi lo uccideva.
Laici in prima linea nel portare l’amore misericordioso nel mondo. Nei vari contesti nei quali siamo presenti, c’è sicuramente l’impegno ad essere testimoni gioiosi di Gesù e del Suo amore. Ma ciò è una sfida che richiede, come ho già detto, una fede convinta e appassionata per Cristo, e anche una buona dose di coraggio e creatività: l’amore è sempre creativo, audace e innovativo. Una chiesa di laici impegnati o è missionaria o non è chiesa.
Laici attenti alla formazione dei ragazzi e dei giovani. Chiediamo al Signore che ci ispiri forme di intelligente e generosa collaborazione nel campo della pastorale giovanile. È anche questa una sfida urgentissima, che ci richiede un discernimento attento e una collaborazione generosa. Sappiamo anche che la famiglia naturale è il primo nucleo della fede e anche il primo “seminario”, dove cioè il Signore semina il germe della vocazione. L’Amore Misericordioso ha bisogno di operai per la grande messe del mondo. Anche qui “Alzatevi, andiamo!” deve trovare un terreno concreto di attuazione. La Vergine Maria, che dopo l’annuncio dell’angelo, si alzò e andò in fretta da sua cugina Elisabetta, ci insegni e ci ottenga la fede viva che lei ha avuto e il dinamismo dell’amore che l’ha spinta sulle orme del suo Figlio. Maria ci ottenga dal Signore la stessa fede, lo stesso coraggio e lo stesso amore.
a cura di don Francesco Poli