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VIENI, SIGNORE GESÙ!

Dicembre-2009Già la notte è inoltrata
Le stelle lucenti brillano nella fredda atmosfera
Vieni, vieni Gesù: io ti attendo!
Affrettati, eccoti il mio amore.
L’anima mia è povera, senza virtù:
la paglia di tante mie imperfezioni
ti pungeranno, ti faranno piangere.
Signore, che vuoi? È tutto quello che ho!
Mi commuove la tua povertà,
mi intenerisce, mi strappa le lacrime;
ma io non ho di meglio da offrirti
Gesù, abbellisci l’anima mia,
adornala con le tue grazie,
brucia questa paglia
e cambiala in un soffice giaciglio per Te!
Gesù, ti aspetto, vieni nel mio cuore;
sono povero, ma ti riscalderò più che posso.
Accogli il mio desiderio di volerti un gran bene.
Tu sei ricco e vedrai i miei bisogni;
Tu sei fiamma di carità, e mi purificherai;
Tu sei la santità, e mi ricolmerai di grazie.
Vieni, Gesù: ho tante cose da dirti;
tante pene da confidarti,
tanti desideri, tante promesse, tante speranze.
Vieni, Gesù, non tardare,
accetta il mio invito. Vieni!
”.

Sono pensieri, che diventano preghiera, scritti dal chierico Angelo Giuseppe Roncalli nella sua piccola stanza di Seminario la notte tra il 24 e il 25 dicembre 1902: curvato su quel Bambino, nel silenzio della notte, gustava quella gioia profonda, mistica, che gratuitamente Dio regala a chi veglia, con fiducia e con amore.
E ciò è possibile fare oggi, pure a noi.
Allora, avanti: curviamoci silenziosi su quel Bambino e guardandolo con tenerezza, apriamogli il cuore.

È l’invito che rivolgiamo a tutti, mentre fraternamente auguriamo BUON NATALE

Don Ubaldo
Don Adelio
Don Luca
Don Benedetto

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PRETE: UOMO DI DIO

Novembre-2009Si racconta che in Germania, una sera del 1946, due uomini, amici da lunga data, reduci dalla guerra, si incontrano: parlano del loro vissuto, delle vicende belliche, bevono qualche bicchiere di birra; ma a un certo punto la discussione si accende su temi politici e partitici, fino a giungere alle mani, fino all’estremo: uno estrae la pistola e uccide l’altro. Nessuno ha visto e sentito, nessuno lo incolpa. Ma la sua coscienza lo tormenta. Per sgravarsi di questo peso, va da un amico avvocato. Risposta: “Non posso far nulla, tu conosci la legge, allora…”. Va da un Pastore protestante. Risposta: “È un gesto troppo grosso, pregherò e farò pregare per te!”.
Il peso sulla coscienza c’è ancora! Va allora da un Sacerdote cattolico: si chiariscono le responsabilità per la riparazione, ecc., ma alla fine, ecco: “Io ti assolvo – perdono – dal tuo peccato nel nome…” e mettiti davanti al Signore che con questo gesto di perdono ti dimostra che ha infinito amore e intatta fiducia in te”.
Quell’uomo si sente trasformato: è libero internamente, è sicuro che Dio lo sta ancora guardando con amore.

“Io ti assolvo…”: solo il Prete, in terra, può dire così!
“Questo è il mio corpo…, il mio sangue”: solo il Prete, in terra può chiamare sull’altare Gesù, in forma sacramentale. E fa questo non per sua scelta, ma perché chiamato direttamente dal Signore, e incaricato (“mandato”) ufficialmente da Lui.
In S. Marco si legge a riguardo degli Apostoli: Gesù pregò, poi chiamò “quelli che Egli volle”, perché stessero con Lui e poi li mandò ad annunciare…
Protagonista, dunque, in assoluto è il Signore: Egli sceglie uno perché stia con Lui (ecco dunque: Prete “uomo di Dio”), e poi mandarlo ai fratelli, ma nella sua nuova qualità-dignità di uomo di Dio, e precisamente uomo che è e rimane in contatto con Dio e porta Dio in modo autentico ai fratelli.
Negli elogi funebri dei Sacerdoti, spesso si sente: “Ha costruito, ha organizzato, ha fatto divertire, ha aiutato, stava volentieri con i ragazzi-giovani…”, Notizie belle; mettono in evidenza la disponibilità e l’interessamento del Prete per le persone, secondo i doni ricevuti. Ma non ci si può attendere soprattutto questo dal Prete: infatti, egli non è un imprenditore, un manager, un assistente sociale! È essenzialmente un uomo che porta Dio! E lo fa sia liturgicamente, con i Sacramenti, sia annunciando la Parola di speranza e di luce, sia con la testimonianza di vita, amando e donandosi generosamente e gratuitamente ai fratelli, specialmente quelli che sono in difficoltà e nel bisogno, quelli che agli occhi della gente sono considerati “ultimi”.

Don Ubaldo

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… a che serve il prete?

Ottobre-2009Assistevo, alcuni anni fa, a un incontro di alunni della terza media di un istituto scolastico cittadino. Erano stati convocati pure i genitori. Moderatore il Preside. Tema dell’incontro: “Il ‘dopo’ terza media!”.

Il Preside, nella introduzione, aveva tra l’altro detto che la decisione sul proprio futuro doveva essere soprattutto degli interessati (cioè: gli alunni), però era doveroso consultarsi con gli insegnanti e ascoltare i genitori. Immediatamente una ragazza: “Ascoltare i genitori? Ma sono credibili? Mio papà, ad esempio, vuole che io vada sempre a Messa, eppure lui non ci va mai!” Il papà era presente. Io lo conoscevo bene: era un vero galantuomo, ma verso la Chiesa aveva conservato alcune idee di rifiuto, ricevute all’università invasa a quel tempo dalla cultura sessantottina. Ebbene, questo papà, un poco arrossendo, ma con chiarezza, rispose: “Hai ragione. A suo tempo ti spiegherò i motivi del mio comportamento. Con te, però, sono e sarò attento a invitarti ad andare a Messa, perché i preti insegnano sempre a fare il bene!”.

Noi, a Colognola, in queste settimane abbiamo avuto circostanze molto favorevoli per pensare spesso al Prete: la presentazione in chiesa della statua del S. Curato d’Ars (per aiutarci a vivere bene questo Anno Sacerdotale); ancora, in occasione della festa della Madonnina del Rastello, il ricordo della bella figura di Mons. Paravisi; poi la Settimana della Comunità, nella quale i “nostri” sacerdoti con la loro presenza e con la loro parola durante la Messa ci hanno presentato il volto del Prete, la sua missione, le sue difficoltà, le sue gioie e in particolare il senso profondo della sua vita: essere dono a tutti nel nome e sull’esempio del Signore, che ha dato la sua vita per noi.

Tra la gente che ha partecipato a queste cerimonie ho sentito varie e positive riflessioni: “Tutto questo ci ha riscaldato il cuore”; “Ci ha sollecitato a essere ancor più vicini ai Sacerdoti”; “Ci ha resi ulteriormente disponibili alla collaborazione”; “Ci ha responsabilizzati nell’impegno di pregare per loro e perché altri ragazzi e giovani ascoltino la voce del Signore a seguirLo nel dono completo di sé”.

Certo, ho sentito anche “Però a volte i Sacerdoti non si comportano così, e allora è difficile pensare in positivo…!”. Sì, devo ammetterlo: a volte l’agire di noi Sacerdoti (o almeno di alcuni) suscita perplessità. Ma ciò non deve meravigliare: la Lettera agli Ebrei (5, 1ss.) dice chiaramente che anche il Sacerdote è rivestito di debolezza: “Ogni Sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. È in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo”. Tuttavia il constatare queste debolezze può essere stimolo non a criticare, ma a dare una mano, con lo spirito del buon samaritano. Il Sacerdote dunque ci è necessario, “serve”, “insegna a fare il bene a tutti noi”; e proprio perché della sua vita ha fatto dono al Signore e ai fratelli, ha sempre dentro di sé l’impulso a vivere questa sua vocazione di essere per gli altri; anche alla fine egli cesserà di respirare ma continuerà ad amare!

Don Ubaldo

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IN CAMMINO

Settembre 2009In questi primi giorni di settembre alcuni verbi vengono insistentemente ripetuti: riaprire (le fabbriche, le scuole,…) e riprendere (gli impegni ordinari, le attività comuni,…).

Dunque: riprende il lavoro, dopo le ferie estive (e speriamo che ciò si avveri per tutti, superando pertanto questa difficile crisi economica, che sembra non finire mai!).

Riprende la scuola: i nostri ragazzi hanno bisogno di imparare tante cose per diventare uomini e per entrare ben preparati (intellettualmente e soprattutto umanamente) in un mondo complesso come il nostro. Con il loro correre, zainetto in spalla,  ogni mattina a scuola i nostri ragazzi ci ricordano che “uomini si diventa” e che non bisogna mai smettere di imparare ad esserlo.

Riprende anche il cammino pastorale della comunità parrocchiale. Non ho detto: “Si riapre la Chiesa!; perché – grazie a Dio – la nostra bella e spaziosa chiesa parrocchiale è sempre stata aperta, anche in questi giorni agostani, caldissimi e snervanti.  Riprende invece il cammino della comunità: questo sì!  Ed è logico, anzi doveroso, che avvenga così, perché “cristiani non si nasce, ma lo si diventa giorno per giorno!” Occorre dunque continuamente imparare ad esserlo.

Forse ai nostri orecchi questa è una affermazione che stona un poco; eppure è una esigenza urgentissima, vista la dispersione culturale e viste le tantissime proposte valoriali (a volte anche in conflitto tra loro, purtroppo) che rischiano di confonderci e di portarci allo smarrimento quanto alla nostra identità cristiana.

E questa non è un’idea nuova: tante voci autorevoli suonano al riguardo: Papa Giovanni, ben 50 anni fa, iniziando il Concilio, così diceva: “Lo spirito cristiano, cattolico e apostolico del mondo intero, attende un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione più viva delle coscienze!”. Voce davvero profetica! Il nostro Mons. Angelo Paravisi (che noi ricorderemo quest’anno – a cinque anni dalla morte – con una celebrazione speciale presieduta dal Vescovo di Crema Mons. Oscar Cantoni il 20 c.m., v. programma pag. VIII dell’inserto) soleva ripetere: “Occorre passare da una religione di conservazione a una di missionarietà, che guardi avanti con fiducia e coraggio!”  Il nostro Vescovo, Mons. Francesco Beschi (che sarà tra noi lunedì 21 settembre, v. programma pag. VIII dell’inserto) nel giorno del suo ingresso in Diocesi così ci spronava: “La nostra Chiesa ha una lunga e grande tradizione, alla quale vogliamo rimanere fedeli; ma siamo consapevoli che proprio la fedeltà esige il dinamismo della conversione e quindi del cambiamento: non vogliamo semplicemente adattarci al cambiamento, ma esserne attori, secondo il dinamismo della Pasqua che connota la conversione!”

Voci davvero profetiche; voci stimolanti. Ma anche noi siamo profondamente convinti che occorre  continuamente imparare ad essere cristiani!

Allora: Vangelo in mano, zainetto in spalla, in cammino!

Don Ubaldo

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VACANZA CON DIO

Giugno 2009“Dove? Quando? Con chi passare le vacanze?”

Nonostante la crisi, in queste settimane ragioniamo così!
La risposta, con me stesso e con Dio!

In un articolo di questo numero del Notiziario spiego “come” ciò sia possibile.
Qui, aiutato da uno scrittore cattolico, spiego “perché” ciò è utile: “È un fatto che quando l’uomo santifica il tempo del riposo – sullo stile di Dio, che il settimo giorno si riposò – quando si rivolge al Signore nella preghiera e nella liturgia, allora cresce in lui la certezza che egli deve la sua vita non al caso, ma a Dio suo creatore, e che il fine del suo esistere non è la corruzione e la morte, ma la salvezza e la vita eterna, alla quale ognuno è chiamato da Dio. Dare spazio allo spirito, pertanto, consente agli uomini una elementare esperienza del senso della vita”

Riposarsi, insomma, è soprattutto un’occasione per rientrare in se stessi, è fermarsi, respirare a pieni polmoni, è ritrovarsi se stessi.
Guardiamo lo scalatore, l’alpinista: con zaino, piccozza, corda, chiodi… sale, guardando fisso la roccia, per trovare i punti giusti cui aggrapparsi. Non ha tempo per fermarsi, contemplare, godere: la scalata lo impegna. Ma quando ha raggiunto la vetta, eccolo ad ammirare il panorama: cime, neve, sole; l’aria pura, fresca, inonda i suoi polmoni, un godimento gli entra nel cuore: “È un altro mondo!”. Ed è vero! E in quell’incontro egli si sente più se stesso, contento, realizzato. “Ne valeva la pena!”. E nel suo cuore, inevitabilmente, il grazie a Dio è spontaneo.
Fermarsi, allora, riposarsi è occasione provvidenziale per riscoprire quel Dio, nel quale crediamo, ma che per tanti motivi e impegni era stato quasi archiviato quando si era nel vortice della vita.

In questo senso: buone vacanze!

Don Ubaldo