Quando nasce un bambino, i familiari – parenti – vicini – amici accorrono, vogliono vedere, contemplare e baciare quel piccolino, vogliono felicitarsi con i genitori: “Come è bello!”; vogliono rassicurare quegli sposini – tanto preoccupati e frastornati – che, nel caso avessero bisogno, essi sono disponibili a dare un aiuto.
Tutto questo è un moto spontaneo del cuore; gesto meraviglioso, ma anche tanto rassicurante.
La formazione umana e cristiana del bambino
Qui tuttavia urge una chiarificazione: di quale aiuto si tratta? Che tipo di aiuto intendono offrire? Solitamente un aiuto materiale, concreto: consiglio, assistenza, vicinanza, supplenza! Davvero bella questa disponibilità; anzi, spesso è necessaria, visto l’isolamento in cui a volte le coppie giovani si trovano a vivere.
Ma non ci si può fermare qui; la comunità cristiana deve essere capace di ulteriori disponibilità, in particolare nel campo formativo, e più precisamente nell’aprire il bambino all’incontro con Dio.
Dicevo nel precedente numero del Notiziario che un figlio è dono di Dio, quindi amato e chiamato a partecipare alla Sua vita divina. Pertanto: quando Dio si muove, provoca anche una relativa risposta. Dice il Salmo 8,3: “Con la bocca dei bimbi e dei lattanti Tu, o Dio, affermi la tua potenza”, e così nei piccoli è suscitata la capacità di comunicare con Dio e desiderarLo.
L’amore rivela Dio al bambino
Ma Dio nessuno l’ha mai visto. Come può farsi conoscere dai bambini?
Facile la risposta: attraverso le persone, gli avvenimenti, le cose.
Il primo contatto il bambino l’ha con i suoi genitori: è ancora piccolissimo, ma dai genitori assimila un certo modo di vedere la realtà che lo circonda: egli, infatti, apprende per sensazioni ed esperienze immediate.
Non parla ancora, non riflette interiormente, ma percepisce ed apprende, perché vede e sente. Vede gli adulti amare o no la vita, vede le loro paure e le loro speranze, percepisce il loro umore e la loro coerenza, sente se davvero gli vogliono bene.
È dunque l’amore l’esperienza prima che percepisce e assimila: l’amore verso di lui e l’amore tra loro, un amore che gli dà la certezza di essere accolto, lo rassicura che non è solo al mondo, che è circondato da persone premurose, attente, disponibili.
Ebbene, questo modo di vivere da parte dei genitori e della comunità adulta non solo rivela un affetto semplicemente umano, ma lascia trasparire la presenza di Dio, perché Dio è amore! Quindi: genitori e comunità cristiana, con i loro gesti di bontà verso i bambini ma anche verso ogni persona, annunziano Dio: sono veri mediatori tra Dio e i bambini, sono evangelizzatori credibili: anche senza pronunciare parola, la loro testimonianza concreta è eloquente. I bambini l’assimilano facilmente e ne rimangono coinvolti.
Concludo affermando che non ho scoperto nulla di nuovo; ho semplicemente sottolineato che quanto già fanno i genitori e tanti adulti – se condito di amore – è garanzia per la serenità del bambino ma anche per un autentico primo incontro col Signore.
don Ubaldo