DI CARNE E D'AMORE

Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato…”

(Mt. 3,17)

Un Figlio: che è Dio in un corpo di carne… Questo è il dono che Dio Padre ci consegna nell’incarnazione di Gesù. La figliolanza quale condizione originaria da cui tutto origina, condizione che Dio stesso assume nel suo “natum esse”, nel suo venire al mondo. Ciò mostra all’umanità il «significato filiale del corpo, nella relazione uomo – donna». L’uomo e la donna si uniscono nel “luogo” della loro stessa origine: nell’amore coniugale portano il loro corpo filiale, che diviene capace di esprimere unione e generazione, proprio perché a loro volta provengono dall’unione coniugale. Così i tre significati del corpo: quello filiale, quello unitivo, quello generativo risultano intrinsecamente legati. Il corpo così si porge allo sguardo degli altri corpi quale frutto dell’unione generativa e diviene, per questa, capace a sua volta di esprimere ancora unione e apertura alla vita. La presenza del Figlio Unigenito nel mondo appare testimonianza straordinaria che ogni figlio e figlia ha la sua origine in una unione incarnata.

Un’origine, quella di nascere figli, di cui nell’epoca tecnologica l’uomo e la donna sembrano sempre più “vergognarsi”. Origine dal sapore “primitivo”, la condizione di essere figli e figlie che non “si fabbricano”, ma sono “dati” attraverso una modalità, quella del corpo che, nel corso della storia umana, ha conservato la sua modalità riproduttiva. Il nostro corpo è ancora identico a quello dei nostri genitori, dei nostri antenati. L’uomo contemporaneo messo in competizione con se stesso nella sua straordinaria capacità e abilità a produrre oggetti sempre più sofisticati e tecnologicamente precisi, sembra vergognarsi nella sua realtà corporea di non essere all’altezza della qualità e delle prestazioni degli oggetti da lui stesso fabbricati. Chi mai sono io? Sembra domandarsi l’uomo tecnologico: come il nano di corte del suo proprio parco macchine. Così cresce sempre più in lui il desiderio di diventare un selfmade man, come i suoi prodotti. Il suo corpo, che è sempre stato li suo destino, si spoglia della sua umanità per diventare compartecipe della natura delle cose: così è la tecnologia a stabilirne come il corpo deve diventare.

Paradossalmente, ad arginare questa deriva, ci viene in soccorso proprio la nostra condizione originaria: l’essere dati come figli non rende pienamente compatibile una reale interazione con gli strumenti tecnologici dal momento che ogni figlio e figlia è generato e non fabbricato. Quello che qui possiamo considerare il nostro “peccato originale”: la nascita da un grembo materno come essere creaturale, fragile, bisognoso di cure, di affetto, di amore e perdono… diventa, in una società che tutto trasforma, un “prodotto,” uno straordinario punto di forza e di rottura con il tentativo di assimilarsi alle cose materiali. L’uomo infatti è sorprendentemente creatura, e non può essere assimilato a un prodotto; vive la sua esistenza nella condizione di perseverare pigramente la sua insufficienza naturale. Così l’ingegneria applicata all’uomo non potrà pienamente funzionare anche se l’uomo di questa generazione, affascinato e ipnotizzato dai suoi stessi risultati di ricerca, vorrebbe spostare i confini umani sempre più in là, allontanandosi da se stesso passando in una sfera del naturale, ma dell’ibrido e del virtuale. Così non solo vorrebbe interpretare il suo essere corpo umano, ma vuole anche modificarlo. Modificarlo ogni giorno da capo; e in modo diverso adattandolo ad ogni apparecchio o strumento.

Ora, rimanere ancorati al modello originario della filiazione come a verità fondante porta interrogativi salutari all’uomo contemporaneo. Ascoltiamo il Figlio Unigenito. Nell’Incarnazione Gesù Cristo assume un corpo umano, un corpo di Figlio e lo rende così nuovamente capace di esprimere l’amore pieno, ridonandogli in pienezza i tre significati che lo costituiscono. Nel sacrificio della Croce e nell’Eucaristia, il Signore Gesù rivela la dimensione filiale del corpo ricevuto dal Padre – «un corpo mi hai preparato», Eb 10, 5 – e dalla Madre, il suo significato unitivo, donandolo alla Chiesa sua sposa, e la dimensione generativa, perché mediante il Sangue e l’acqua che scaturiscono ininterrottamente dal suo sacrificio, genera appunto dei figli e figlie nel corpo della Chiesa. Così anche noi rimaniamo uniti al Figlio di Dio e potremo riscoprire il vero senso del nostro essere, con Lui, umanamente figli di Dio. fratelli e sorelle chiamati a custodire le creature e le cose prodotte per il bene della creazione.