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Editoriale

… a che serve il prete?

Ottobre-2009Assistevo, alcuni anni fa, a un incontro di alunni della terza media di un istituto scolastico cittadino. Erano stati convocati pure i genitori. Moderatore il Preside. Tema dell’incontro: “Il ‘dopo’ terza media!”.

Il Preside, nella introduzione, aveva tra l’altro detto che la decisione sul proprio futuro doveva essere soprattutto degli interessati (cioè: gli alunni), però era doveroso consultarsi con gli insegnanti e ascoltare i genitori. Immediatamente una ragazza: “Ascoltare i genitori? Ma sono credibili? Mio papà, ad esempio, vuole che io vada sempre a Messa, eppure lui non ci va mai!” Il papà era presente. Io lo conoscevo bene: era un vero galantuomo, ma verso la Chiesa aveva conservato alcune idee di rifiuto, ricevute all’università invasa a quel tempo dalla cultura sessantottina. Ebbene, questo papà, un poco arrossendo, ma con chiarezza, rispose: “Hai ragione. A suo tempo ti spiegherò i motivi del mio comportamento. Con te, però, sono e sarò attento a invitarti ad andare a Messa, perché i preti insegnano sempre a fare il bene!”.

Noi, a Colognola, in queste settimane abbiamo avuto circostanze molto favorevoli per pensare spesso al Prete: la presentazione in chiesa della statua del S. Curato d’Ars (per aiutarci a vivere bene questo Anno Sacerdotale); ancora, in occasione della festa della Madonnina del Rastello, il ricordo della bella figura di Mons. Paravisi; poi la Settimana della Comunità, nella quale i “nostri” sacerdoti con la loro presenza e con la loro parola durante la Messa ci hanno presentato il volto del Prete, la sua missione, le sue difficoltà, le sue gioie e in particolare il senso profondo della sua vita: essere dono a tutti nel nome e sull’esempio del Signore, che ha dato la sua vita per noi.

Tra la gente che ha partecipato a queste cerimonie ho sentito varie e positive riflessioni: “Tutto questo ci ha riscaldato il cuore”; “Ci ha sollecitato a essere ancor più vicini ai Sacerdoti”; “Ci ha resi ulteriormente disponibili alla collaborazione”; “Ci ha responsabilizzati nell’impegno di pregare per loro e perché altri ragazzi e giovani ascoltino la voce del Signore a seguirLo nel dono completo di sé”.

Certo, ho sentito anche “Però a volte i Sacerdoti non si comportano così, e allora è difficile pensare in positivo…!”. Sì, devo ammetterlo: a volte l’agire di noi Sacerdoti (o almeno di alcuni) suscita perplessità. Ma ciò non deve meravigliare: la Lettera agli Ebrei (5, 1ss.) dice chiaramente che anche il Sacerdote è rivestito di debolezza: “Ogni Sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. È in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo”. Tuttavia il constatare queste debolezze può essere stimolo non a criticare, ma a dare una mano, con lo spirito del buon samaritano. Il Sacerdote dunque ci è necessario, “serve”, “insegna a fare il bene a tutti noi”; e proprio perché della sua vita ha fatto dono al Signore e ai fratelli, ha sempre dentro di sé l’impulso a vivere questa sua vocazione di essere per gli altri; anche alla fine egli cesserà di respirare ma continuerà ad amare!

Don Ubaldo