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Editoriale

ACCOGLIENZA E OSPITALITÀ: BRACCIA DELLA TESTIMONIANZA

È grazie alla perseveranza di papa Francesco, che quotidianamente ci richiama al nostro impegno evangelico nei confronti degli ultimi, se oggi la sensibilità dei cristiani verso le povertà esistenziali è cresciuta. Una crescita, questa, che non si manifesta solo in gesti di carità e di accoglienza, connaturali al nostro vivere evangelico, ma anche in una più vigile consapevolezza sia della ragione sia della fede. Sempre più, nella quotidianità, diventiamo consapevoli di come la “pratica dell’accoglienza” si accompagni all’impegno cristiano dell’ospitalità. Fede e ragione, sono esse le braccia che sostengono la nostra testimonianza caritatevole. È questo il modo in cui diamo linfa alle parole di papa Francesco: “Il mio pensiero va agli ultimi che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto; sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione; sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso; sono gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea. Essi sono solo alcuni degli ultimi che Gesù ci chiede di amare e rialzare”.

Oltre ogni retorica: nel nostro paese l’accoglienza di immigrati ha trovato negli ultimi anni una situazione di sostanziale stabilità con una crescita solo fisiologica, come mostra il recente Dossier sull’immigrazione in Italia. Nel 2018, ultimi dati statistici disponibili, la popolazione straniera in Italia ha avuto una crescita fisiologica del 2,2% arrivando a 5.255.500 residenti a fine anno e pari all’8,7% degli abitanti. Rispetto all’anno precedente (2017), al netto di 111.000 presenze, lo scarto è stato gran parte dovuto ai 65.000 bambini nati nell’anno da coppie straniere già presenti in Italia e non annoverabili quindi come “immigrati”. Inoltre i dati confermano per il 2018 il calo degli sbarchi in Italia – 80% pari a 23.370 sbarcati rispetto ai 119.310 del 2017.  Sbarchi ulteriormente crollati a 6.700 nei primi nove mesi dello scorso anno. 

Quanto sta avvenendo attorno alla cruciale e imprescindibile questione dell’immigrazione, ci porta a ripensare e ridurre a più modeste dimensioni l’impatto  emotivo riguardo al fenomeno “sbarchi”, per affrontare con più attenzione l’altro aspetto, quello dell’ospitalità e dell’integrazione. Aspetto, quest’ultimo spesso trascurato anche in ambiti diversi. Come ben noto, nel nostro Paese l’inserimento sociale degli immigrati si realizza tra “luci e ombre”. Ombre funeste sono certamente le azioni di esclusione e discriminazione che non solo disconoscono il carattere strutturale dell’immigrazione in Italia, ma attivano anche processi di disaffezione e di abbandono del nostro paese.  In realtà, il fenomeno migratorio  è parte dei processi di trasformazione della società globalizzata e che, se affrontato oltre che con spirito di carità, anche con competenza e lungimiranza, potrà manifestarsi come opportunità di sviluppo e di crescita per il “Sistema Pese”. Verosimilmente, in un futuro non troppo lontano, anche come conseguenza della crisi demografica che vede l’Italia fanalino di coda in Europa, è plausibile pensare che andremo noi alla ricerca di persone disposte ad immigrare in Italia. Ad oggi possiamo constatare positivamente che sono 2.233.00 gli immigrati comunitari (europei). Il 60% di questi ha un permesso di durata illimitata; dei restanti 40% con permesso a termine 3 su 4 lo hanno per motivi di lavoro o di famiglia. Inoltre dei 5.255.500 di stranieri 1,1 milioni è costituito da persone nate in Italia da genitori stranieri e quindi “stranieri” solo dal punto di vista giuridico. Oltre 531.000 di essi siedono sui banchi di scuola. Sono i 2/3 di tutti gli stranieri in età scolare. 

La crescita di sensibilità verso le varie forme di povertà trova la sua icona evangelica nel racconto lucano di Gesù ospite a casa di Marta e Maria. Le due sorelle che accolgono il Maestro in viaggio con i suoi discepoli, mostrano il volto che caratterizza ogni accoglienza in ottica evangelica: un’accoglienza che si fa ospitalità. In due modi diversi ma entrambi efficaci, le due sorelle mettono in pratica, a loro modo, un principio sempre valido. Marta, presa dalle ”molte cose da fare”, è il volto dell’ospitalità che si concretizza nell’agire immediato ed efficiente. Maria, elogiata da Gesù perché capace di stare dalla “parte migliore” è l’altro volto dell’ospitalità, quello di chi sa fermarsi per ascoltare e incontrare.

Comportandoci quotidianamente come Marta e Maria, sapremo praticare l’accoglienza ospitale. Questa nell’esercizio di un “buon governo” della città, non si darà mai solo nelle forme dell’efficienza e dell’efficacia di chi pensa di poter risolvere definitivamente il problema. Al modo di Marta per intenderci. Perché l’accoglienza ospitale richiede oggi una sempre maggiore capacità di incontro, di ascolto e di dialogo. Si tratta non di perseguire lo scopo di annullare la complessità della società, quanto di ospitarla.

don Francesco Poli