La quaresima tempo di grazia.

Camminare e fallire. Tale è la condizione umana, tanto individuale quanto comunitaria, e riguarda contestualmente e distintamente ciascuno, la società e la Chiesa. Anche la consueta quotidianità della vita non ci mette al riparo da errori, disinganni, insuccessi, sconforto. Questi, infatti, vanno annoverati nella dinamica delle relazioni. Nessuno è al riparo da sconfitte e conseguenti delusioni, in specie relazionali ed educative, ed è questa consapevolezza che, in particolare nel periodo di Quaresima, può far sì che il nostro tempo sia determinato dalla Grazia così che possiamo riconoscere quali e quanti siano i nostri limiti.
L’aspirazione e la volontà di trovare soluzioni efficaci e “certificate” ai molteplici problemi e alle sfide che affliggono, allarmano e inquietano la società moderna, come anche la Chiesa contemporanea, rischiano di condurre ad una ricerca di tattiche, strategie tanto estreme quanto controproducenti e tali da favorire una condizione di sfiducia e delusione che ci identifica come dei disillusi frustrati e sconfortati.
Anche ad un attento esame, non esiste un efficace metodo che ci permetta di affrontare le criticità del vivere oggi, soprattutto quella indifferibile dell’educazione. Se qualcuno l’avesse trovato, esso, oggi, sarebbe presumibilmente un copyright protetto, inviolabile, di qualche multinazionale. Peraltro neanche Gesù possedeva valide formule educative, come conferma il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, l’abbandono degli apostoli, gli insulti della folla…Tutti destinatari di possibili positive relazioni e sessioni di “formazione permanente”! Ogni giorno ci adoperiamo, con impegno, sia come genitori sia come educatori nel mondo della scuola, della Chiesa e in ogni ambito della società, per formare le nuove generazioni nel confronto continuo di una permanente scuola. Ma la nostra dedizione e diligenza non ci protegge, esentandoci, da delusioni e fallimenti. In modo particolare se si considera che “l’atto di educare” si sviluppa sempre nell’incontro tra volontà libere.
Cogliamo allora questo tempo di Quaresima come un “tempo utile”, idoneo per riaffermare che quello pedagogico è un compito imprescindibile per la comunità, svincolandoci dalla lusinga di poterlo realizzare in ogni caso con esiti positivi o imputando eventuali insuccessi alla nostra negligenza, sconsideratezza o faciloneria nell’esercizio del magistero. Un compito tanto più responsabile quanto più si sarà preparati, esperti, competenti nel considerare ed includere la possibilità di errori o fallimenti anche solo parziali e temporanei nell’attuazione di percorsi educativi orientati alla crescita e alla maturità. Ogni itinerario formativo/istruttivo promosso per le giovani generazioni dai più diversi soggetti dediti ad attività didattiche sarà bene che sia proposto con realismo. E Dio stesso, quale ci appare nel testo biblico, nel tracciare itinerari educativi per il Suo popolo, l’umanità, non solo ne previene eventuali limiti o fallimenti, ma li prevede anche, pronto a porvi rimedio con l’infinita Sua clemenza e il Suo amore. Ne è esempio la parabola della zizzania e del buon grano; così in ambito pedagogico, pur seminando “il buon grano”, succede che possa crescere il seme della zizzania. E noi, sull’esempio di Dio Padre continuiamo a seminare, mai stanchi e sempre fiduciosi.
Anche se cammini e fallimenti sono consueta quotidianità in quello che talora appare come il deserto del vivere oggi, non possiamo rinunciare a ruoli educativi benché consapevoli che ciò non ci risparmierà fatiche e insuccessi. Appare impervio il cammino, ma in realtà sono le impervietà ad essere cammino; lo Spirito guiderà ogni buon educatore ispirandogli consiglio perché, pur attraverso prove e sfide, acquisisca quella spirituale paternità e maternità che ne rende il compito una missione di autentica credibile testimonianza.
don Francesco Poli