A BETLEMME DI CASA NOSTRA
Venne ad abitare in mezzo a noi. (Gv. 1, 14)
Un imprevisto è la sola speranza. E. Montale
Dov’è Betlemme? Dove mai possiamo collocare, per potercisi recare, questo minuscolo villaggio che ha dato i natali a Gesù, il Messia? C’è infatti ancora chi sente il desiderio di sostare con speranza accanto al Bambino in questo Natale di sofferenze. La pandemia ci induce a guardare con disincanto la Betlemme del presepe, quello stesso disincanto con cui guardiamo il mondo e l’esperienza umana, cercando nella storia il fallimentare di generazioni illuse. Tuttavia viviamo esperienze di relazioni capaci di valore e di senso dentro la precarietà che sta segnando la vita e la società in modo inedito.
Il tempo presente che siamo attraversando, avendone provato anche la dimensione fragile e tragica, chiede con forza ai cristiani che vogliono vivere il Natale dell’incontro con Dio e con i fratelli tutti, di lasciarsi illuminare dalla fede per abitare spiritualmente le Betlemme di oggi: quegli spazi e quei tempi del vivere in cui si manifesta la presenza divina che sta là dove acconsentiamo che prenda casa il Servo dell’Amore. È questa la Betlemme del Natale di Gesù.
Stare a Betlemme, quest’anno, richiede la capacità e la volontà di stare nell’imprevista precarietà servendo la vita. Quella vita che è il Mistero stesso del Bambino Gesù, e che dà inizio a una vita, la nostra, cha ha a cuore l’umano e le sue relazioni. Un impegno rinnovato che attinge energia dal Natale per orientarci nel servizio alla buona qualità delle relazioni interpersonali, come anche alla testimonianza umile e costante di questa speranza nella vita umana liberata dalla pesantezza di tutto ciò che la mortifica.
Abitare Betlemme è entrare nella Tenda della vita, luogo dell’incontro con Dio e con gli altri. La vita, nonostante sia caratterizzata da innumerevoli scontri, è l’arte dell’incontro. Il Natale che viviamo, oggi come ieri, ci chiede di adoperarci, in ogni tempo e senza sosta, per promuovere e costruire un’autentica e nuova vita comunitaria come alternativa alla solitudine, o peggio, all’isolamento. Un distanziamento, quello a cui siamo sottoposti dalle misure sanitarie cautelari, che rischia di generare lontananza e sospetto nei confronti dell’altro. Distanziati si vive male. Il Natale della nostra Betlemme ci consenta, invece, di recuperare la nostalgia della vicinanza e dell’incontro. Proprio l’imprevisto della natività del Figlio di Dio, riconosciuto e accolto nella fede, renda evidente la coscienza di solidarietà che lega gli esseri umani in una fraternità senza frontiere. La cura che Dio ci manifesta in questo Natale donandoci il Figlio, favorisca tra noi la rigenerazione dei rapporti umani.
don Francesco Poli