I giovani in questo tempo della transizione al lavoro sperimentano intrecci al lavoro, quasi lavoro e disoccupazione.
La crisi del lavoro della generazione dei venti-trentenni, come indica un recente rapporto ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) vede insieme una miscela esplosiva: disoccupazione elevata, crescente inattività e precarietà. Questa situazione si traduce in un crescente disagio provocato dal timore dei rischi sociali legati alla carenza di lavoro, ma potrebbe avere conseguenze in termini di salari più bassi e sfiducia nel sistema politico e economico. Non è facile per un giovane trovare qualcosa più che un impiego part-time o a tempo limitato. Come se non potesse bastare, accanto a queste urgenti questioni che assumono il profilo di una difficile sfida, se ne affaccia un’altra non meno insidiosa per la costruzione dell’identità personale e professionale del giovane. Il concetto di flessibilità richiama infatti interrogativi cruciali nel rapporto tra lavoro e costruzione dell’identità personale. I giovani in questo tempo della transizione al lavoro sperimentano intrecci tra lavoro, quasi lavoro e disoccupazione. Essi sperimentano l’incertezza del campo su cui giocano la partita della vita, spesso disorientati e soli nella ricerca del lavoro, nelle scelte e nell’individuazione della meta. Di quali giovani stiamo parlando? Per rispondere bisogna che ci guardiamo intorno. Il mondo è cambiato: gli esperti della modernità ci dicono che siamo passati da destino a scelta. Una volta si era come predestinati: se uno nasceva in un paesino di provincia, probabilmente moriva lì (destino), invece, nell’oggi della globalizzazione, ci sono diverse possibilità (scelta). Così, passare da destino a scelta è una cosa intrigante, ma contemporaneamente è anche fonte di inquietudini. La flessibilità offre grandi possibilità ai giovani, certamente più che nel passato, solo che queste opportunità aumentano per alcuni, ma i più fragili, i meno protetti sono a rischio. Per alcuni giovani questi rapidi cambiamenti e trasformazioni, significano un sostanziale indebolimento delle ragioni per vivere. Altro segnale di una crescente inquietudine sta nel senso di insicurezza che si diffonde tra le persone e anche tra i giovani di fronte ad una violenza diffusa. Violenza che abita sempre più la vita quotidiana. Di fronte a tutto ciò mi interrogo se esistono o se stiamo lavorando per costruire le condizioni culturali e sociali per lo sviluppo di identità capaci di affrontare questo nostro tempo, un mondo che mette alla prova anche noi nella nostra capacità di dare e trovare il senso delle cose. È un doppio appuntamento quello che attende i giovani di questa “generazione tradita”: transizione del lavoro e costruzione dell’identità personale e professionale. In un tempo in cui il lavoro cambia e ci cambia e il cambiamento ci attraversa, compito per ciascuno è riuscire a dare un senso, rispetto al disorientamento che ogni mattina in qual che modo ci prende. Per chi, come la Chiesa fa della “sfida educativa” una priorità, punto di partenza sarà il riconoscere l’uomo nella sua interezza è il coraggio di testimoniarlo ai giovani impegnati a giocarsi nella partita della vita.
don Francesco