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Editoriale

Il CAMMINO SINODALE delle chiese in tempi difficili

Giovedì 25 novembre 2021 si è concludeva a Roma la 75a Assemblea Generale Straordinaria della CEI il cui intento era ed è quello di rilanciare la vita delle Chiese che sono in Italia realizzando in esse e nelle realtà ecclesiali quel “camminare insieme” che consente di conformarsi alla specificità della loro missione. Anche papa Francesco, intervenendo all’apertura dell’Assemblea generale dei Vescovi, insisteva sulla necessità di essere una Chiesa sinodale con un cammino di comunione, partecipazione e missione conformemente alla missione di annunciare il Vangelo che ad essa è stata affidata. Francesco invitava tutta la Chiesa italiana ad interrogarsi sulla sinodalità: tema centrale e decisivo per la sua specificità; esperienza di sinodalità che si inserisce nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II. Fu Paolo VI ad istituire lo strumento collegiale del Sinodo dei Vescovi, correva l’anno 1965. Era una scelta di metodo per dare continuità alle istanze del Concilio perché camminando insieme la Chiesa avrebbe potuto sperimentare che ciò che andava attuando era quello che più rende effettiva e manifesta la natura della Chiesa, essendo essa popolo di Dio pellegrino e missionario. Oggi, nel vivere questa esperienza di Chiesa sinodale, non può né deve mancare il riferimento al Concilio Vaticano II. E ciò in particolare per le ultime generazioni, quelle che non hanno vissuto in prima persona la stagione conciliare. Particolare attenzione e oggetto di approfondimento merita lo studio della categoria di “Popolo di Dio”, categoria, inserita nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, che si presenta come chiave di lettura dell’esperienza ecclesiale.

Al momento, se si vuole intraprendere un’esperienza di discernimento comunitario partendo dalla base delle parrocchie, delle diocesi e delle esperienze associative, è senz’altro utile riprendere due testi approvati dal Consiglio Episcopale permanente della CEI: Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, ai consacrati e a tutti gli operatori pastorali e una Lettera alle donne e agli uomini di buona volontà e disponibili sul sito della Conferenza Episcopale Italiana. «Le nostre Chiese in Italia – spiegano i Vescovi nel Messaggio – sono coinvolte nel cambiamento epocale; allora non bastano alcuni ritocchi marginali per mettersi in ascolto di ciò che, gemendo, lo Spirito dice alle Chiese. Siamo dentro le doglie del parto. È tempo di sottoporre con decisione al discernimento comunitario l’assetto della nostra pastorale, lasciando da parte le tentazioni conservative e restauratrici e, nello spirito della viva tradizione ecclesiale – tutt’altra cosa dagli allestimenti museali –, affrontare con decisione il tema della “riforma”, cioè del recupero di una “forma” più evangelica; se la riforma è compito continuo della Chiesa (“semper purificanda”: Lumen Gentium 8), diventa compito strutturale, come insegna la storia, ad ogni mutamento d’epoca».

Il Cammino sinodale è, dunque, un processo atto ad aiutare a «riscoprire il senso dell’essere comunità, il calore di una casa accogliente e l’arte della cura». «Sogniamo una Chiesa aperta, in dialogo. Non più “di tutti” ma sempre “per tutti”», scrivono i Vescovi nella Lettera indirizzata alle donne e agli uomini di buona volontà: «Tu che desideri una vita autentica, tu che sei assetato di bellezza e di giustizia, tu che non ti accontenti di facili risposte, tu che accompagni con stupore e trepidazione la crescita dei figli e dei nipoti, tu che conosci il buio della solitudine e del dolore, l’inquietudine del dubbio e la fragilità della debolezza, tu che ringrazi per il dono dell’amicizia, tu che sei giovane e cerchi fiducia e amore, tu che custodisci storie e tradizioni antiche, tu che non hai smesso di sperare e anche tu a cui il presente sembra aver rubato la speranza, tu che hai incontrato il Signore della vita o che ancora sei in ricerca o nell’incertezza…». Insieme ai due testi, è stato diffuso il crono-programma che si dispiega per l’intero quinquennio 2021-2025, con tutte le tappe del Cammino sinodale. L’avvio sarà definito in un biennio di ascolto (2021-2023), ovvero in una fase narrativa che raccoglierà in un primo anno i racconti, i desideri, le sofferenze e le risorse di tutti coloro che vorranno intervenire; nel periodo seguente invece ci si concentrerà su alcune priorità pastorali. Farà seguito una fase sapienziale nella quale l’intero Popolo di Dio, con il supporto dei teologi e dei pastori, leggerà in profondità quanto emerso nelle consultazioni capillari (2023-24). Un momento assembleare finale, nel 2025, in via di  definizione, cercherà di assumere alcuni orientamenti profetici e coraggiosi, da riconsegnare alle Chiese nella seconda metà del decennio. Tutti gli eventi si inseriscono in un percorso espressione di una Chiesa che si apre e che dialoga. 

Dei vari nuclei tematici proposti per il confronto sinodale, sono in particolare due quelli che hanno una valenza rilevante per il cammino: quello del dialogo tra chiesa e società. Affrontare questi temi significa accettare di mettersi in una condizione di evidente discontinuità rispetto ad un modello di Chiesa che ci ha rappresentati fino ad ora. Vivere la sinodalità significa dunque fare uno sforzo evangelico per pensare come sia possibile superare una esperienza di Chiesa fatta spesso di immobilismo, superficialità, di individualismi egoistici in cui oggi ci troviamo a vivere come comunità. La domanda che potremmo porci è: quale sinodalità abbiamo mai vissuto nella nostra Chiesa? Quanta corresponsabilità viene vissuta nella nostra Chiesa locale? Talvolta i consigli pastorali affrontano questioni marginali alla vita stessa della comunità credente, lasciando poi la responsabilità dell’azione pastorale al parroco, vanificando quindi la corresponsabilità dei laici che pure sono chiamati ad essere partecipi della vocazione “regale, profetica e sacerdotale”. Sono proprio questi, per vocazione, ad essere chiamati operatori di un nuovo modo di testimoniare il Vangelo nella società. È altresì urgente evidenziare come la dimensione missionaria della Chiesa tutta si costruisca attraverso la formazione delle coscienze in ambito ecclesiale, sociale e anche politico. All’interno del Consiglio pastorale parrocchiale, trovi dunque spazio la dimensione caritativa come ambito di sinodalità e cura verso i poveri e i fragili. 

Il cammino sinodale che siamo condividendo come Chiesa, ci renda sempre più umani per condizione, figli e figlie di Dio per adozione filiale, fratelli e sorelle per vocazione. Al contrario, la frammentazione culturale a cui oggi siamo esposti, ci spinge ad ignorarci, cosicché  a volte si assiste ad una catena di scontri umani molto aspri, acuiti dalla cultura dello scarto e del consumo. Il cammino sinodale intrapreso si traduce in un impegno a creare spazi concreti di legami, relazioni, riconciliazione, formazione. Si deve così cercare di ricucire e sanare storie di odio e di violenza, causate dalla povertà, dall’emarginazione e dalle guerre. Perché ciò avvenga, occorre saper guardare con amore la Chiesa e il mondo. Guardarli con gli stessi occhi di Cristo.  Diventiamo un popolo che cammina verso un nuovo modo di sapersi affratellati nell’amore. L’esperienza di una Chiesa sinodale non è solo “esperienza umana”, ma è camino di Dio con il suo popolo. E siccome è cosa anche di Dio, a noi spetta camminare con fiducia: il Signore lo renderà possibile.

don Francesco Poli