
Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro? Una domanda antica, secolare, risalente ai tempi di Gesù, e forse anche a prima. È esattamente proprio questo l’interrogativo che sembra riassumere in modo idoneo la questione che interessa da sempre ognuno di noi: chi riempirà la mia attesa. Sei Tu? Interrogativo che, all’alba di questo Natale, ancora ci affascina. Gesù, sei davvero Tu che vieni a riempire il vuoto della mia attesa? Ma chi sei Tu? Sei Mito o Presenza? I miti del passato resistono nel tempo, anzi sembra che allunghino le loro ombre misteriose anche su di noi, suggestioni vive, in un oggi tempo del digitale e della genetica. Sembra riaffiorare vigorosamente, nella nostra cultura, l’antico mito di Igea: il mondo della natura come realtà benevola, inviolabile in quanto in possesso di un’intrinseca sapienza che l’uomo non può alterare. Ma anche il mito di Asclepio, divinità medica, in cui gli uomini proiettano la loro propensione a modificare la natura e a correggere quelle che considerano anomalie. Un’oscillazione tra Gaia, la terra benefica e materna, e Prometeo, l’eroe che strappa alla natura i suoi segreti per plasmarli a favore degli umani. Miti che nella nostra epoca assumono la forma quasi di una stella, tutta tecnologica, che ispira la scienza e in particolare le scienze biomediche nel modificare gli organismi viventi, uomo compreso, apportando possibili alterazioni di tipo “migliorativo”.
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Questo Natale, nella cultura occidentale, si pone sotto il segno dell’ultimo uomo, come prefigurato più di un secolo fa da Nietzsche. Il mondo dell’ultimo uomo appare oggi sempre più come un mondo virtuale, nel quale l’uomo, alla realtà oggettiva, preferisce la sua rappresentazione, escludendo che ci sia un accesso a una qualche verità delle cose. La tecnica e la scienza ormai gli permettono di produrre un mondo coerente di rappresentazioni secondo il suo desiderio, il suo capriccio. Al tempo dell’ultimo uomo non c’è un’autentica trascendenza: l’apertura verso un Tu che mi sta di fronte. L’altro potrebbe anche essere simulato. Nella simulazione dell’altro ciò che veramente conta è quanto essa sia perfetta. L’illusione perfetta è meglio della realtà imperfetta. Qualcosa come i legami che durano per tutta la via è per l’ultimo uomo un’assurdità. Perché mai promettere, se lo stato d’animo o le condizioni un domani cambiano? Per l’ultimo uomo non esiste trascendenza, né verso l’atro, ne verso il futuro poiché non posso sapere se domani mi sentirò ancora di fare ciò che faccio oggi. L’ultimo uomo cerca un amore senza conseguenze, preferisce un’esistenza da single. L’ultimo uomo ha abolito la parola gioia, troppo seria, le preferisce la parola piacere. Infine l’ultimo uomo vuole che lo si aiuti a morire se la bilancia della vita pesa in senso negativo; egli vuole stabilire il suo potere nascondendosi dietro la scienza e la tecnologia. Questo modello di uomo è quanto propone la nostra cultura e appare, ai più, ricco di fascino e meritevole di plauso. Ma è veramente questo l’uomo che attendevamo, il Messia che darà compimento alle attese umane?
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». In questo Natale, noi credenti non vogliamo che si affermi l’ultimo uomo; vogliamo piuttosto attenderne un Uomo nuovo: Gesù di Nazareth, Dio con noi. L’Inaspettato, che non si propone con un Trono di potenza, ma si rivela povero in una stalla, a semplici pastori. Colui che viene in questo Natale, evocato come Natale 4.0, è in realtà sempre lo stesso: il Dio che ci sorprende, Colui che scombussola i nostri progetti, il Dio Altro, rispetto alle nostre aspettative e al desiderio di potenza. Egli ci chiede una fede umile e fiduciosa, Egli, Presenza piccola, ci chiede di imitarlo, facendoci noi pure piccoli, capaci di dare spazio a Lui nella nostra vita, sapendo cosi dare spazio agli altri.
Il cammino cristiano che porta e parte da Betlemme è diametralmente opposto al modello di vita incarnato dalla cultura dell’Ultimo uomo. Questo cammino muove dall’unica domanda rilevante, essenziale per l’uomo: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Il Natale generi in noi la forza di strapparci dalla cultura mortifera dell’ultimo uomo, per lasciarci incontrare da Gesù, l’Uomo nuovo, che ci fa uomini della gratitudine e dell’amore.
don Francesco Poli