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Editoriale

PURCHÉ LA PAROLA DI DIO RIMANGA

La gioia di chi ancora vive profondamente la fede cristiana e vuole  la pace, contrasta oggi sia con la tristezza di un mondo in affanno sia anche con la sensibilità di molti battezzati, praticanti fino a poco fa, che ultimamente si sono sentiti prima quasi schiacciati dal peso della Parola di Dio e poi si sono lasciati strappare alla vita della fede per asservirsi allo spirito del tempo che appare sempre più avverso a Gesù Cristo. Così, coloro i quali, fedeli al loro battesimo, sono rimasti uniti alla Parola di Dio, ora si possono contare facilmente, uno ad uno; trovano posto senza difficoltà in chiese sempre più vuote di domenica. Ed anche nelle grandi solennità. È la gioia, quindi la pace, la grande assente dall’umanità in questa stagione storica di forti trasformazioni e violenza. I cristiani stessi, quelli che lo sono non solo anagraficamente, faticano a riconoscere questi doni quale frutto della fede e pregio della vita credente. Anche noi ministri dell’altare, sacerdoti, fatichiamo ad essere nei confronti dei laici “servitori della vostra gioia” (2 Cor. 1, 24). Ultimamente, infatti, una cappa di tristezza sembra avvolgere anche la Chiesa in tutte le sue componenti umane. Forse… è intrinseco un problema?

Il profeta Ezechiele ci ricorda come i deportati d’Israele avevano perso la fede: per loro, quella condizione di schiavitù segnava, insieme alla sconfitta di tutto un popolo, anche quella di Dio. Confidavano solo in se stessi, nella felicità effimera di quel periodo che precedeva la deportazione. Il loro cuore si era infatti indurito, erano ostili rinnegando ogni legame con la loro fede nel Dio di Abramo, sottomettendosi così agli idoli. In quel preciso momento Dio volle mostrare che non era morto, che la sua legge vale sempre, anche quando non la osserva più nessuno, vuole mostrare come la sua Parola rimanga anche in un mondo che gli è ostile. Il cuore del Signore batte anche per il popolo che gli ha voltato le spalle. Così, grazie alla presenza di pochi testimoni della fede, capaci di profezia, il popolo in esilio senza un dio ha avuto inconsapevolmente accanto Chi gli avrebbe permesso la sopravvivenza. Grazie alla presenza invisibile, ma efficace della Parola di Dio, il popolo non si sarebbe confuso né con lo spirito del tempo, né con altri popoli, rimanendo intrappolato nella logica del dominatore che assimila i vinti attraverso il loro sradicamento dalla terra d’origine, dalle tradizioni e cultura. Fu proprio la presenza della Parola di Dio a farsi “Terra Promessa” tutta interiore, da abitare e custodire, mentre esternamente stavano in una terra straniera e desolata.

Nel rivolgimento socio-spirituale degli ultimi anni avviene anche a noi qualcosa di simile a ciò che vivevano quei deportati d’Israele: assistiamo ad uno sgretolamento spirituale, sociale e culturale, le cose mutano così rapidamente che tutta la nostra memoria storica, ciò che siamo stati, risulta essere solo un passato da abbandonare, rinnegandolo. “Dio, la chiesa e una certa cultura… sono morti”, così ci viene detto e questo perché ora conosciamo le leggi che regolano il mondo, conosciamo e possiamo intervenire sull’origine stessa della vita e determinarla. I comandamenti sembrano non reggere più, la cultura di riferimento viene considerata come strumento di dominio e il Vangelo, una favola “politicamente scorretta”, tutte espressioni di un potere che l’uomo del terzo millennio, emancipato e spregiudicato, rigetta. Forse è intrinseco un problema…? Forse no! Infatti questo nostro tempo ci fa riconoscere come Dio sia ancora necessario a che l’uomo e l’umano sopravvivano. Nel mondo d’oggi sono ancora necessari testimoni credibili di Gesù perché la Parola di Dio rimanga viva. Le vicende drammatiche di questi ultimi anni mostrano come il puntare esclusivamente sull’utile non sia ineluttabilmente un bene, né dia dignità all’umano; il pensare solo a noi stessi e al nostro benessere non ci mette al riparo da una crescente e diffusa noia di vivere. La gioia e il desiderio di pace, invero, sgorgano dalla fede testimoniata, la quale, sola, ci permette di lavorare insieme come fratelli e sorelle, impegnati nella trasformazione di questo mondo sempre più insopportabile in un mondo rinnovato: un mondo più vivibile e degno perché capace di custodire la Parola. 

don Francesco Poli