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Editoriale

SPERANZE REALIZZATE?

Dieci anni fa, allo scoccare dell’anno 2000,  avevo citato nell’Editoriale del nostro Notiziario alcune espressioni autorevoli, che invitavano alla speranza. Papa Giovanni Paolo II. “Sul quadrante della storia scocca un’ora importante. Inizia in questo momento l’anno duemila. Oggi, come duemila anni orsono, Cristo viene a orientare con  il Suo Vangelo di salvezza i passi incerti e titubanti dei popoli verso un futuro di autentica speranza”.

E l’allora presidente Ciampi si rivolgeva ai giovani: “Giovani, dovete aver fiducia. L’Italia sarà quel che voi saprete essere. Guardate in alto! Nutrite speranze e progetti. Date libera espressione a quanto di nobile, di generoso anima le vostre menti e i vostri cuori. Soprattutto abbiate sempre dignità di voi stessi”!

Due voci ‘alte’, ‘autorevoli’ di persone ottantenni che guardavano il futuro con occhio giovanile, che si rivolgevano particolarmente a quella parte della società (e precisamente i giovani) che per natura sono portati a vedere il presente e il futuro come lo vedevano loro, e li invitavano alla fiducia, alla speranza, al coraggio in un mondo dove la diffidenza (verso gli altri, verso la politica, verso il sociale e anche verso il religioso) e la paura di perdere la propria libertà orientano le persone a chiudersi nel privato.

Sono trascorsi dieci anni!

È doverosa una domanda: queste voci autorevoli sono state raccolte positivamente a Colognola?

La tentazione di rispondere con un “no” secco è spontanea: il panorama che ogni giorno vediamo con i nostri occhi, quanto ci viene propinato dalla televisione,  tutto quello che sentiamo in giro, ecc. ci autorizza a dire che quel “no” è l’unica risposta valida. È infatti cresciuto l’individualismo, con le conseguenze dell’indifferenza, del disimpegno e della paura ad assumersi responsabilità a lunga gittata.

Però! In verità non ho sentito in questi dieci anni mamme e papà dire che non hanno nessuna speranza sui propri figli. “Sì, il mondo giovanile – nel quale nostro figlio/a sta entrando – ci preoccupa parecchio, per i comportamenti, i pochissimi valori che persegue, ecc.; ma ci teniamo a dire che nostro figlio/a studia, lavora, è onesto, ha buone compagnie, con esse si diverte come è logico, purtroppo non va molto in Chiesa, però è generoso, sincero, si impegna nel volontariato…!”

Si tratta di risposte di chi si pone sulla difensiva e non vuole vedere la realtà? Oppure semplicemente dettate dal cuore (per cui – come si dice – la mamma è sempre l’ultima a sapere la verità sui propri figli)?
Può essere vero anche questo. Tuttavia sono orientato a vedere in positivo la risposta di questi genitori: quando infatti si parla in generale dei giovani è facile – soprattutto oggi – mettere in evidenza ciò che non va; ma quando si fissa l’attenzione sul singolo allora si vede anche quello che va, e pertanto il giudizio cambia! Trattandosi poi di genitori che hanno visto crescere questi figli, cha sanno cosa hanno insegnato loro, che conoscono bene le debolezze ma anche i talenti e le capacità dei figli, è realistico affermare che la loro risposta vale, e come!

Essi stanno seminando il bene nel cuore dei figli, sicuri che – come dice Gesù – al tempo della semina succede senza dubbio quello del raccolto. E se il seme è buono il raccolto risulterà altrettanto buono. Certo, stanno seminando nella fatica e spesso anche controcorrente, viste le proposte di vita oggi diffuse dalla cultura.

Allora: speranze deluse? No, sempre speranze, ma tendenti – anche se lentamente – a realizzarsi!

Avanti, dunque, genitori, insegnanti, Oratorio, educatori! Maniche rimboccate e con piena fiducia nel Signore, che certamente non delude, ma renderà reali tali speranze.

Don Ubaldo