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Editoriale

S. Giuseppe, lavoratore

Aprile-2015Si celebra il I Maggio la Festa del lavoro.

In questo periodo, esaltante e inquietante a un tempo, che il nostro mondo attraversa, Giuseppe di Nazareth si presenta come l’uomo della speranza. All’inizio della vita pubblica, Gesù viene identificato dai suoi contemporanei e concittadini come “il carpentiere, il figlio di Maria…” (Mc 6,3), conosciuto per la famiglia a cui apparteneva e per il lavoro che svolgeva nell’ambito della società del suo tempo. Il suo lavoro, di cui nei vangeli non si parla mai tranne che per individuarlo, c’è da supporre che gli offrisse l’opportunità di incontrare persone e di testimoniare il Regno di Dio. Ciò mi fa pensare all’enciclica sociale Laborem exercens: “Gesù non solo proclamava, ma prima di tutto compiva con l’opera il Vangelo a lui affidato… Perciò questo era pure il Vangelo del lavoro, perché colui che lo proclamava era egli stesso uomo del lavoro, del lavoro artigiano come Giuseppe di Nazareth”. (L.E. n. 26). Secondo l’insegnamento dell’enciclica, infatti, il lavoro umanizza l’uomo e il creato (n. 4), e mette gli uomini in relazione tra di loro, nella cooperazione al grande banco di lavoro che è la terra intera (L.E. n. 14).

Certo dai vangeli non abbiamo di San Giuseppe alcuna informazione interessante circa la sua vita. Non conosciamo né luogo né data di nascita; non ci ha lasciato nessuno scritto o opera artistica; neppure una parola ci è stata tramandata. Quello che sappiamo di lui è racchiuso in pochi versetti dei vangeli, una dozzina al massimo. Apparentemente, quello che egli fece è assai poco cosa se lo mettiamo a confronto con le imprese dei grandi. Di quanto Giuseppe di Nazareth ha fatto non resta assolutamente nulla. Vi è però di meglio: dalla bottega di questo artigiano è uscito Colui che ha riedificato l’universo, Colui che forgia ogni giorno un mondo nuovo: Gesù Cristo. Il Figlio dell’artigiano Giuseppe ha ridato vita all’uomo ricordandogli che “L’uomo è immagine di Dio, tra l’altro, per il mandato ricevuto dal suo creatore di soggiogare e dominare la terra. Nell’adempimento di tale mandato, l’uomo, ogni essere umano, riflette l’azione stessa del Creatore dell’universo” (L.E. n. 4). Ciò fa emergere la grandezza dell’uomo e del suo lavoro, attraverso il quale l’uomo imprime una immagine di sé nel creato, lo umanizza, gli dà una impronta del suo spirito.

Nell’immaginario tradizionale, proprio il mondo artigiano esprime in modo significativo sia la dimensione umanizzante dell’arte espressa nell’opera prodotta, sia la dimensione umanizzante del lavoratore stesso e di coloro con cui, a causa del lavoro o tramite l’opera, entra in comunicazione. Oggi il mondo artigiano è ampiamente evoluto ed organizzato e rappresenta una delle figure fondamentali nella storia della società. Già in epoca romana l’homo faber era protagonista riconosciuto nelle piccole e nelle grandi cose, nella vita di tutti i giorni e nelle predisposizioni per le infrastrutture (strade, acquedotti, edifici). Nel periodo medioevale il fenomeno artigianato rappresentava di fatto sia il ceto produttivo in genere, sia in parte quello commerciale. Fu proprio in questo periodo che nella cosiddetta bottega, dove lavoravano familiari, dipendenti e allievi (gli odierni apprendisti) sotto la vigile guida del maestro-padrone, prese origine l’attuale impresa artigiana. L’artigianato ha mantenuto anche nei tempi moderni i suoi tradizionali valori, tanto è vero che esso è giustamente visto con particolare favore sia dalla nostra Carta Costituzionale che dal Legislatore europeo.

Le attività produttive autonome, di cui l’artigianato rappresenta l’espressione più autentica, sono riconosciute come il modello culturale e organizzativo più naturale per valorizzare la capacità e la responsabilità imprenditoriale individuale, ma anche l’estro, il senso artistico. Lo stesso contesto a dimensione d’uomo della propria azienda, può consentire alla figura dell’artigiano di svolgere, tra le due grandi categorie dei datori di lavoro e dei lavoratori, una funzione moderatrice nei conflitti. Quella della riscoperta e recupero dell’artigianato potrebbe anche essere una chiave di lettura, in questo tempo di Expo, con la quale affrontare alcune questioni dell’era della globalizzazione: le caratteristiche dell’impresa artigiana possono favorire uno sviluppo della società in armonia con le identità e i valori del territorio. La festa liturgica il 1° maggio di Giuseppe di Nazareth, artigiano e divino lavoratore, può diventare un’occasione per una riflessione sulla spiritualità, per un approfondimento e una ricerca di come persone e gruppi possono vivere la fede dentro le situazioni più diverse e complesse del mondo del lavoro e coglierne un’opportunità di evangelizzazione.

don Francesco