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Editoriale

Essere una scintilla di luce

La vita come pellegrinaggio…

Ottobre-2015L’atteggiamento del pellegrino

Nella tradizione cristiana il pellegrinaggio indica l’atteggiamento di chi si scuote dalla condizione in cui si trova per mettersi in cammino verso una meta rilevante per la propria fede. Ciò significa che c’è qualcosa di fuorviante nell’immergerci eccessivamente nelle cose del mondo: un attaccamento ai luoghi, ai compiti, ai problemi, alle abitudini che appanna la nostra fede e ne limita la vivezza. Così l’anima si intristisce ed i pensieri diventano ossessivi. Perdiamo la capacità di meraviglia, il rapporto con la nostra vocazione e la capacità di rinnovare il mondo.
Il pellegrinaggio inizia con il gesto dell’alzarsi che significa sollevarsi, richiede di portare con sé solo l’indispensabile.

Un santo come guida

A cosa servono i santi? Ad essere guida per il nostro cammino. C’è una fraternità tra la terra ed il cielo, e si realizza nell’amicizia con i santi. Ognuno di loro rivela un messaggio universale ed insieme un modo speciale di vivere la fede. C’è un santo per ogni storia personale. Papa Giovanni XXIII è il santo sorprendente, capace di commozione e bonarietà, ma anche di lucida capacità di giudizio; è legato alla terra contadina ed alla sua gente e nel contempo grande uomo di cultura; è tanto ancorato alla tradizione da rinnovarla radicalmente.

Rinnovare la fede, ogni giorno

Mettersi in pellegrinaggio significa rinnovare la nostra fede. Più precisamente, togliersi dal puro fluire delle cose e del tempo, dall’idea, tanto radicata quanto spesso inconsapevole, che niente dura per sempre. Romano Guardini ci ricorda che questo sentimento ci espone sul nulla: perché vi possa essere un fluire, dev’esserci qualcosa di durevole in esso. La nostra fede, dono gratuito di Dio, è costituita da un legame intimo con Cristo, quella compagnia che ci costituisce stabilmente e ci consente di vivere il quotidiano come una successione di fatti straordinari, quel mistero che fa sì che ognuno di essi sia rivelativo dell’amore di Dio.

La luce che proviene dalla fede

La fede introduce nella nostra vita una luce speciale che non può essere spiegata umanamente, ma che ha conseguenze rilevanti per tutti noi. Grazie ad essa vediamo il segno di contraddizione, la crepa che farà crollare l’idolo; vediamo le meraviglie che Dio diffonde nella storia degli uomini; riusciamo a scorgere il valore generativo del chicco di grano che solo morendo porterà frutto.
La nostra storia, anche se segnata spesso da dolore, da incertezze, da momenti di crisi, è una storia di salvezza. In Gesù, ogni nostro esilio finisce e ogni lacrima è asciugata, nel mistero della sua Croce, della morte trasformata in vita. Dobbiamo rimanere sempre aperti alla speranza e saldi nella fede in Dio. Non dobbiamo dimenticare di ringraziare il Signore. La meditazione sui benefici del Signore deve spingerci a operare per il bene e per trasformare il mondo. Dobbiamo imparare anche dalle notti buie; non dimenticare che la luce c’è, che Dio è già in mezzo alla nostra vita e che possiamo seminare con la grande fiducia che il “sì” di Dio è più forte di tutti noi.
Questo pellegrinaggio che è la vita ci aiuta a fare memoria della misteriosa presenza di Dio in noi, a risvegliare la gioia profonda che Dio è entrato nella nostra esistenza, liberandoci: è la gratitudine per la scoperta di Gesù Cristo, che è venuto da noi. Questa gratitudine si trasforma in speranza, è stella della speranza che ci dà la fiducia, è la luce, perché proprio i dolori della seminagione sono l’inizio della nuova vita, della grande e definitiva gioia di Dio.

don Francesco