Una Chiesa di figli che si riconoscono fratelli non arriva mai a considerare qualcuno soltanto come un peso, un problema, un costo, una preoccupazione o un rischio: l’altro è essenzialmente un dono, che rimane tale anche quando percorre strade diverse.
Papa Francesco
I fatti di questi giorni chiedono, con urgenza, alle nostre comunità: accoglienza, integrazione e reciprocità. La nostra fede cristiana si fonda su tali valori e su chi chiede di vivere l’ospitalità; è accettazione dello straniero e del diverso. Al contempo, l’epoca globale sgomenta per il difficile peso delle differenze: l’altro ci appare lontano, i suoi gesti ed i suoi pensieri sembrano a noi estranei, quasi inaccettabili. Riflettere attorno a tali fondamenti della fede cristiana, del nostro vivere morale, significa accogliere la sfida di far fronte alla complessità come alle urgenze della nostra società occidentale. Gli incontri tra persone e culture diverse non sono facili, alle volte causano spaesamento, conflitto e resistenza: non per questo dobbiamo negarli o tacerli. La multiculturalità è un dato di fatto, l’immigrazione di merci e di persone sono un fenomeno ineluttabile della nostra epoca e della realtà sociale che quotidianamente sperimentiamo. Fondamentale è quindi riconoscere e saper scorgere gli elementi positivi dell’incontro con il diverso, la ricchezza ed il valore che la vicinanza con l’altro possono generare.
Il filosofo Emmanuel Lévinas ha a lungo riflettuto sul ruolo dell’etica nell’esperienza dell’incontro con l’alterità: l’autentica essenza dell’uomo si fonda a partire da quest’idea di sostanziale socialità. L’essere umano necessita della comunità, del sentirsi riconosciuto da un gruppo sociale, per poter esistere: Il povero, lo straniero si presenta come eguale. […] Il fatto che tutti gli uomini siano fratelli non è spiegato dalla loro somiglianza, né da una causa comune di cui sarebbero l’effetto come succede per le medaglie che rinviano allo stesso conio che le ha battute. […] Il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte ad un volto che mi guarda come assolutamente estraneo.
La prossimità con il diverso, la presenza dello straniero, devono essere colti quale occasione per l’uomo, di essere davvero uomo: l’opportunità di vedere nel volto dell’altro lo stesso Cristo. I momenti di difficoltà, le faticose incomprensioni ed i sentimenti di sfiducia che ci accompagnano quando l’altro ci rifiuta, possono essere affrontanti solamente riconoscendo gli aspetti evolutivi ed arricchenti che la vicinanza tra uomini può favorire. Siamo certamente consapevoli della difficoltà che tale percorso comporta, ma al contempo crediamo che tale questione costituisca un aspetto fondamentale nel vivere eticamente, cristianamente e rispettosamente la propria esistenza entro una consapevolezza che non si riduca ad un’egoistica autorealizzazione di sé, ma ad un’autentica sobrietà e giustizia del nostro vivere nel mondo.
don Francesco