«Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti;
non sono venuto per abolire, ma per dare compimento… (Mt. 5, 17)
Perché, nel mondo delle libertà, possiamo dirci ancora cristiani che praticano la Legge? Un interrogativo che ci poniamo all’inizio della Quaresima e la cui risposta ricerchiamo, con fatica e non senza qualche incertezza. Risposta che non possiamo darci da noi stessi, ma ci verrà grazie all’ascolto del Maestro. Lui, che trova cibo il fare la volontà del Padre suo, ci richiama alla necessità dell’obbedienza al Padre, vivendo la legge della libertà, praticandola. Gesù, infatti, non si mostra come un anarchico che abolisce le norme e contestatore verso ogni forma di autorità; o magari un bonaccione che dice “liberi tutti” come taluni vorrebbero…
Il Maestro non vuole gettare alle ortiche la Torah, come un adolescente scalpitante calpesta leggi e regole, quanto ricondurla al suo significato originale. Il termine Torah, impropriamente tradotto con Legge, in realtà deriva dalla radice iaràh, che descrive il volo della freccia. La Torah, quindi, è stata data da Dio come indicazione perché l’uomo sia felice nell’amore. La Legge come il veicolo dell’amore, questo è ciò che conta davvero. La Legge come forma dell’agire umano libero, la struttura che raccoglie e incanala l’amore realizzandolo qual è: realtà viva nel tessuto delle relazioni umane.
Gesù, nel suo insegnamento, ha chiaro tutto ciò e lo consegna a noi con il messaggio delle Beatitudini. È grazie a Lui che la nuova e definitiva Legge dell’amore sono le Beatitudini: esse non aboliscono, ma portano a realizzazione la Torah antica che adesso non ha più la forma del precetto esteriore, ma diventa Regola di vita interiore. Questo nuovo modo di intendere la Legge, che richiede il passaggio dal solo essere pratica esteriore al suo divenire forma del vivere, la rende necessaria alla vita dell’uomo. Gesù stesso, rivolto a coloro che governano: gli Scribi, i Farisei e i Dottori della legge, affronta questioni specifiche della Legge mostrando come essa sarebbe tradita se non considerata dal nuovo punto di vista, quello delle Beatitudini. Accusato dai Farisei di non voler rispettare le prescrizioni stabilite dalla Legge, Gesù smonta le accuse e mostra così il vero compito della Legge. Prendiamo il precetto “Tu, non uccidere”: la vita appartiene a Dio. Il Gesù delle Beatitudini ci chiede di assumere interiormente la norma di non uccidere; di vivere la consapevolezza che possiamo uccidere non solo togliendo la vita a qualcuno, ma pure col giudicare, con la critica, con l’indifferenza, con il pettegolezzo, con l’esclusione del fratello… Mille modi di uccidere che ci invitano ad un ascolto profondo di Dio e che ci chiedono di vivere quotidianamente nella Sua volontà. Il cristiano, proprio come Gesù che trova nutrimento nel fare la volontà del Padre, vive la Legge interiormente: la appoggia alla sua radice che è l’obbedienza a Gesù, l’Obbediente al Padre, e la riconosce quale strumento per compiere l’obbedienza nell’amore. La legge ci è necessaria per vivere nell’amore.
don Francesco