Ha oramai più di mezzo secolo l’enciclica Pacem in terris, dono di papa Giovanni XXIII alla Chiesa e a tutti gli uomini di buona volontà. Fu firmata dal papa buono nei giorni precedenti la Pasqua del ‘63: fu un dono pasquale a pochi mesi dalla sua scomparsa, avvenuta il 3 giugno dello stesso anno. La risonanza dell’enciclica fu immensa, come Giovanni XXIII, in persona, riconosceva con la sua abituale semplicità: «L’enciclica ha riscosso un’eco senza precedenti. […] Ha scosso anche le pietre». Essa apparve da subito strettamente legata alla vita personale di Roncalli, all’insegnamento generato dalla sua personale esperienza. La complessità del mondo, il senso di un’unità profonda tra gli uomini anche i più diversi, la responsabilità dei cristiani nel rendere più evidente, più esplicita questa unità: tutto questo il bergamasco Roncalli lo aveva appreso dalla sua vita. Un appello che nasceva dalla sua fede semplice e profonda, di sacerdote, di vescovo, di diplomatico: Roncalli aveva appreso la “diplomazia della convivenza” ispirandosi al Vangelo e traendo frutto dai rapporti con le persone, cercando di sottolineare ciò che unisce, senza dimenticare ciò che divide, ma mettendo sempre in primo piano ciò che accomuna, aggrega. La Pacem in terris esprime così tutta la vita e l’insegnamento di papa Giovanni, ne è la chiave di lettura: la pace è evangelica e ha come suo fondamento la promozione dell’uomo.
Vorrei fermare l’attenzione sul sottotitolo dato al documento: “Sulla pace fra tutte le genti, nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà”; mi sembra estremamente significativo. Soprattutto se facciamo attenzione al testo originario che è in latino: “Sulla pace fra tutte le genti da costruirsi [in latino de constituenda]…”. L’impegno per la pace consiste in ciò: essa è da costruire continuamente. La pace è da costruire, ieri come oggi, da parte di tutti attraverso la costante testimonianza di: giustizia, verità, amore e libertà. L’enciclica delinea così, secondo un quadro di valori/virtù morali, un’etica della pace; un’etica che rende possibile, anzi identifica, la pace come possibilità reale di convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà, per formare quell’ordine morale che ha per fondamento oggettivo il vero Dio. I quattro valori/virtù si esigono e si richiamano reciprocamente, l’uno non può trascurare o prescindere dall’altro.
Alla luce dei fatti e avvenimenti più recenti, compresi quelli del nostro tempo, appare ancora più palese e inconfutabile l’attualità della Pacem in Terris. La festa del Santo Giovanni XXIII, la cui ricorrenza è di questi giorni, e la prossima presenza tra noi dell’urna del santo, proveniente dal Vaticano, ci sprona come Chiesa a lavorare per la pace, sia in quanto dono da accogliere nella vita dei credenti e della comunità, sia perché bene da difendere e pietra miliare della convivenza pacifica tra tutti.
don Francesco Poli